martedì 26 aprile 2011

NUOVO OSPEDALE

SÌ ALL’OSPEDALE NUOVO


 NO A FOSSO SEJORE







La lista civica LiberiXPesaro ha sempre avuto, fin dall’inizio stesso della sua formazione, idee molto chiare sull’Ospedale di Pesaro.

LiberiXPesaro ha sempre sognato e lavorato per un Ospedale di eccellenza in grado di far corrispondere al bisogno di salute la migliore assistenza possibile.

LiberiXPesaro resta la stessa lista civica che ha lottato per avere a Pesaro un IRCCS e per un nuovo ospedale nella zona della caserma. Oggi siamo chiamati ad esprimerci sulla questione dell’Ospedale unico, e lo facciamo restando coerenti al nostro impegno di porre come primo interesse la salute delle persone.


Nel gennaio di quest’anno, la Regione, cui spetta la competenza per gli ospedali, ha legiferato la costituzione dell’Azienda Marche Nord. Tale atto legislativo sancisce che il San Salvatore di Pesaro e il Santa Croce di Fano non esistono più in quanto soggetti autonomi, ma come presidi di un’unica Azienda ospedaliera. Di questo va tenuto conto obbligatoriamente.

Accanto a questo dato di fatto esiste la realtà che la città di Pesaro, come del resto la città di Fano, ha bisogno assoluto di un ospedale nuovo.
Da troppo tempo, per indecisione, si stanno mancando tutte le occasioni per risolvere questa necessità, facendo morire la sanità ospedaliera di inedia per mancanza di Ospedale adeguato. Un Ospedale non solo nuovo nella struttura, ma nuovo nella configurazione organizzativa e funzionale, che è presupposto necessario a un’accoglienza appropriata e all’utilizzo ottimale delle tecnologie diagnostiche e terapeutiche che oggi la sanità è in grado di assicurare ai cittadini.

Resta ferma la necessità di far funzionare “in rete “ le strutture sanitarie del territorio, principalmente quelle di Pesaro e Fano, ma oggi ipotizzare la costruzione di due “ospedali nuovi” significa non avere il senso della realtà, prendere in giro la gente e allontanare per l’ennesima volta la costruzione di una struttura nuova.

Il nuovo Ospedale “Azienda Marche Nord” dovrà essere una struttura progettata in base alla concezione di un ospedale per acuti: un ospedale che garantisce l’eccellenza dell’assistenza erogata, un ospedale in cui la tecnologia, sia diagnostica che terapeutica, è all’avanguardia e al massimo delle potenzialità, un ospedale in cui esistono percorsi di diagnosi e cura perfettamente pianificati e integrati tra loro e con le strutture territoriali, in modo da permettere in totale sicurezza sia il trattamento dell’emergenza sia le degenze, un ospedale dove vige il criterio non dei posti letto, ma dei livelli di intensità di cura. Un ospedale, dunque, dotato di Day Hospital e Day Surgery funzionanti a pieno regime, con un numero limitato di posti letto per la degenza ordinaria. Il periodo di postacuzie, infatti, cioè quando il paziente non presenta più problemi acuti, non deve essere trascorso nell'ospedale, bensì in strutture a diverso regime di intensità di cura che garantiscono un’assistenza appropriata, una migliore qualità della vita e un risparmio di risorse.

L'ospedale non deve più essere considerato una cittadella onnicomprensiva e autosufficiente in cui confluisce tutto ciò che ha a che fare con il recupero della salute. Deve essere invece considerato una parte del percorso che riguarda la diagnosi e la cura, completato da altre strutture territoriali da incrementare, come per esempio i luoghi deputati alla riabilitazione, alla lungodegenza, agli Hospice per i cronici, nonché da tutte le strutture destinate ad erogare servizi di base, da diffondere nel territorio. L’ospedale va inteso non come un tutto ma come parte di un percorso, in cui ogni pezzo serve all’altro per far funzionare al meglio il progetto della protezione e del recupero della piena salute.

Un Ospedale così concepito ed organizzato rappresenta non solo una scelta indispensabile ma è anche motore di sviluppo economico. L’ottimizzazione tra bisogni e assistenza erogata lo farà infatti costare complessivamente di meno, liberando risorse per potenziare le tecnologie, l’impiego di infermieri, medici e tecnici in grado di utilizzarle, e le strutture del territorio.

Sì dunque, in questo momento storico, al progetto di un unico Ospedale nuovo, che risponda ai criteri più efficaci e culturalmente avanzati di organizzazione sanitaria.

Ma dal momento che una costruzione deve obbedire a criteri di viabilità e sostenibilità economica e ambientale, facciamo una riflessione sul sito dove collocare un Ospedale nuovo in grado di porsi al servizio di tutto il territorio in un percorso complesso di politica sanitaria.

Una struttura simile incide sul territorio e sulle tasche della comunità, e la decisione del sito su cui costruirle non può essere presa e annunciata senza essere prima motivata e spiegata ai cittadini, LiberiX Pesaro come lista civica ma soprattutto come insieme di cittadini, chiede che sia fatta chiarezza sulle motivazioni della scelta di Fosso Sejore e che venga presentato un piano chiaro su costi, viabilità, baricentricità e sul ventilato vantaggio di ricorrere a terreni privati anziché pubblici.

Siamo impegnati da sempre contro il consumo del territorio e scelte così importanti non possono non tenerne conto.


Secondo il nostro parere, tra i siti che potrebbero meglio obbedire ai criteri di viabilità e sostenibilità c’è Muraglia, dove funziona già una parte importante e costosa dell’Ospedale, che dispone di terreni di proprietà pubblica ed è interessata da progetti concreti di viabilità che ne miglioreranno notevolmente l’accesso.

Questo è il pensiero della lista civica LiberiXPesaro, disposta su questo ultimo punto a confrontarsi, affinché la scelta del sito non diventi un elemento che possa ritardare la decisione prioritaria ed urgente della costruzione di una struttura ospedaliera nuova al servizio dei cittadini.

Liberix

lunedì 18 aprile 2011

UN NUOVO MODO DI FARE POLITICA

Per un nuovo modo di fare politica

INCONTRO NAZIONALE
delle reti civiche e dei movimenti

Domenica 15 maggio 2011 - Bologna
Spazio Verde - Parco della Montagnola a 4 min dalla stazione di Bologna
ore 9.30 Saluto e presentazione dei gruppi e delle reti partecipanti
ore 10 Presentazione: “Un progetto politico, civico e dei movimenti”


ore 10.30

FRANCUCCIO GESUALDI Centro Nuovo Modello di Sviluppo       “Voglio cambiare il mondo... ma come?” Discussione del questionario online pubblicato su  http://www.movimentocivico.it/
GUIDO VIALE Economista e scrittore italiano
“Riciclo totale - rifiuti zero”
LUCIANO CAPITINI Fondazione Aldo Capitini
“Politica e strategie non violente”
SABRINA ARCURI Autrice libro sul referendum pubblicato da EMI
“Nucleare si? Nucleare no”
TOMMASO FATTORI Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
“Beni comuni: primo H2O”
ELIO VELTRI Presidente di Democrazia e Legalità
“Legalità e democrazia”
DARIO RINCO Rete Civica Italiana
“Democrazia diretta: la parola ai cittadini”

Question time (domande di 1 minuto)

a cura di MICHELE BOATO e MARZIA MARZOLI

ore 13 Pausa pranzo

ore 14 Gruppi di lavoro sui temi della giornata:
- programma politico e campagne sui temi concreti
- per una rete nazionale e le regole di garanzia
ore 15 Report dei gruppi e dibattito (interventi da 2 minuti)
ore 16 Decisioni
ore 17 Brindisi di saluto

Informazioni su:

http://www.movimentocivico.it/


Il senso di questo incontro nazionale

Il 15 maggio si riuniranno a Bologna le reti civiche ed ecologiste regionali che intendono promuovere un nuovo soggetto politico alternativo, per portare un cambiamento nel paese e garantire ai cittadini la partecipazione diretta alle decisioni politiche.
La legge elettorale e il sistema partitico hanno escluso il cittadino da qualsiasi possibilità di partecipazione, da qui la necessità di creare una nuova forma organizzata:
una lista civica ed ecologista nazionale costituita su base federativa, aperta a tutte le organizzazioni, associazioni, comitati e singoli cittadini che potranno parteciparvi mantenendo la propria identità e le proprie specificità.

Gli obiettivi dell’assemblea del 15 Maggio 2011 sono dar vita a un comitato promotore del nuovo soggetto, discutere, lanciare e sostenere alcune campagne concrete su:
- difesa del territorio
- legalità
- economia solidale
- democrazia diretta
- le campagne referendarie

Difesa del territorio
Assistiamo ogni giorno all’aggressione e al consumo del territorio. Colate di cemento utili solo all’arricchimento di speculatori e politici, di qualsiasi sponda, corrotti o complici. L’ambiente è sempre più inquinato, la nostra salute sempre più minacciata e ancora vogliono imporci modelli superati e pericolosi come le centrali nucleari.
In Italia migliaia di comitati e la campagna Stop al Consumo del territorio sono l’ultima resistenza reale a questo sfacelo.
A loro vogliamo dare voce, con loro vogliamo fare rete per ottenere risultati concreti

Legalità
Riportare il nostro paese sulla via della legalità è una priorità per tutti, ma non per i nostri politici che in questi anni non hanno fatto altro che aumentare la propria impunità. La criminalità organizzata è entrata in maniera diffusa nel tessuto sociale, politico e amministrativo. Secondo la Corte dei Conti la corruzione ci costa 50/60 miliardi all’anno. I beni mobili e immobili delle mafie italiane vengono valutati oltre 1000 miliardi di euro.
Il Procuratore Grasso scrive che i beni sequestrati equivalgono al 10% dei beni totali delle mafie italiane, mentre i beni confiscati sono appena il 5% dei beni totali. Il 70% dei beni confiscati non è utilizzato o venduto.

Economia solidale
La ricerca di profitti sempre più grandi per pochi, si traduce per molti in sofferenza, inquinamento, corruzione, guerre, crescenti disuguaglianze. L’economia dello sviluppo illimitato e del consumismo deve essere sostituita da un modello di società basata sul consumo responsabile, da una economia solidale che crei ricchezza condivisa e lavoro. Occorre individuare una modalità di collaborazione con il mondo dell'economia solidale (GAS, DES, RES) rispettandone l'indipendenza.

Democrazia diretta
E’ ciò che vogliamo praticare a partire da noi stessi, promuovendo un modello organizzativo federato su base regionale. I portavoce verranno espressi con voto diretto, i soggetti organizzati aderenti manterranno la propria autonomia decisionale a livello territoriale, verranno applicate forme di tutela legale e patrimoniale per vincolare i candidati al mandato e al programma, tutti saranno impegnati a non percepire compensi superiori al 50% degli emolumenti previsti, verrà posto un limite ai mandati per gli eletti e non potranno ricoprire più di un incarico.
La riforma elettorale, l’abolizione dei vitalizi, la drastica riduzione di tutti i compensi e privilegi, l’obbligatorietà di rispettare mandato e programma, il limite ai mandati, il divieto di ricoprire più di un incarico, il conflitto di interessi, saranno gli obbiettivi della nostra battaglia per riformare la politica e abolire i privilegi della casta.

Le campagne che proponiamo di sostenere
- Si ai Referendum
- Settimana Democrazia Diretta
- Stop al Consumo del Territorio
- No ai Vitalizi
- Riciclo totale - rifiuti zero

Partecipa
Durante la giornata del 15 maggio sarà possibile lasciare i dati per poter essere ricontattati e informati via e-mail. La giornata sarà condotta da un gruppo di facilitazione. Anche i gruppi di lavoro del pomeriggio saranno gestiti da facilitatori.

Quota minima di partecipazione: 5 euro per contribuire alle spese
http://www.movimentocivico.it/  

venerdì 1 aprile 2011

BASTA BUGIE

PREPARIAMOCI AL REFERENDUM

Energia nucleare:
una scelta immorale e senza futuro.

INTRODUZIONE

Già contrario alle armi nucleari, all’inizio degli anni '70 il M.I.R., Movimento Internazionale della Riconciliazione, è stato il primo movimento in Italia a schierarsi contro il nucleare civile e a favore del risparmio energetico, dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Grazie a numerose iniziative e lotte nonviolente contro le centrali nucleari, si è giunti al referendum del 1987 nel quale oltre l’80% degli italiani ha deciso l’uscita dal nucleare. Ora però il governo Berlusconi ha deciso di riaprire al nucleare proprio quando in tutto il mondo si sta andando nella direzione opposta. Per questo motivo abbiamo deciso di pubblicare questo opuscolo per informare i cittadini sulle tante bugie che si raccontano: perché è solo essendo informati che si può scegliere consapevolmente il nostro futuro.


Il nucleare oggi.

Oggi nel mondo esistono circa 440 centrali nucleari funzionanti le quali coprono circa il 13.8% dei consumi di energia elettrica mondiale: poiché però l’energia elettrica rappresenta meno del 20% dell’energia totale consumata, se ne deduce che l’energia nucleare copre meno del 3% dei consumi energetici mondiali. La maggior parte delle centrali nucleari si trova nei paesi che sono anche detentori di bombe nucleari: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia, Cina, a conferma dello stretto legame fra nucleare civile e nucleare militare. Molti dei paesi che non hanno bombe nucleari hanno deciso di chiudere la fallimentare esperienza delle centrali nucleari: il Belgio lo ha fatto nel 1996, la Germania lo ha deciso nel 2000, entro il 2011 abbandonerà il nucleare la Svezia. In Spagna entro il 2014 tutte le 7 centrali nucleari funzionanti chiuderanno.


Le scorie radioattive.

A tutt’oggi non esiste una soluzione definitiva al problema delle scorie radioattive prodotte dalle centrali nucleari. Poiché rimangono radioattive per decine di migliaia di anni, non solo occorre trovare un luogo geologicamente sicuro dove depositarle per un tempo così lungo, ma occorre anche militarizzare il territorio circostante per impedirne il furto a scopi terroristici.


La centrale americana di Three Miles Island ad Harrisburg, Pennsylvania, dove nel 1979 avvenne un gravissimo incidente nucleare.

La sicurezza delle centrali nucleari.

Le centrali nucleari cosiddette sicure, quelle di quarta generazione, semplicemente non esistono nè si vedono all’orizzonte. E poiché l’Uranio, ai ritmi attuali di consumo, si esaurirà nel giro di pochi decenni, si può star certi che non saranno mai costruite. Poiché i principi fisici che stanno alla base del funzionamento di una centrale nucleare non cambiano, e al massimo si è riusciti a migliorare qualche aspetto ingegneristico, le centrali che l’Italia vorrebbe acquistare dalla Francia (di tipo EPR) non saranno intrinsecamente esenti da rischi di incidenti anche gravi. Ogni anno avvengono più di 100 incidenti nucleari lievi o medi, ma non si può escludere l’incidente potenzialmente catastrofico, come quello del 1979 negli Stati Uniti a Three Miles Island, o quello catastrofico, come quello del 1986 a Chernobyl, che ha causato molte migliaia di morti. Entrambi questi incidenti erano considerati “impossibili” negli scenari previsti dagli “esperti” del nucleare. Sono poi sempre possibili errori umani, atti di sabotaggio e catastrofi naturali (terremoti, alluvioni ecc.) che hanno portato ad avere fino ad oggi almeno 5.000 incidenti in impianti nucleari. Non è un caso che nessuna compagnia al mondo è disponibile ad assicurare una centrale nucleare dai rischi di incidente, perchè l’entità e la potenziale durata dei rischi è altissima.


Centrali nucleari e salute.

Nella normale vita di una centrale nucleare vi sono continui rilasci di materiale radioattivo, sia in forma solida che liquida che gassosa. Poiché le radiazioni ionizzanti producono tumori in percentuale tanto maggiore quanto maggiore è la dose assorbita dalla popolazione, e non vi è una soglia minima sotto la quale non ci siano effetti sanitari, anche in condizioni di esercizio “normale” di una centrale vi sono rischi potenziali di tumori per la popolazione che vive in un raggio di qualche decina di chilometri da una centrale nucleare. Studi internazionali riportati in riviste scientifiche indipendenti stimano che le leucemie infantili raddoppino per la popolazione che si trova in un raggio di 5 chilometri da una centrale nucleare. In Francia a tutte le persone che abitano entro un raggio di 10 chilometri da una centrale nucleare vengono distribuite pillole di iodio da utilizzare per contrastare gli effetti sanitari della radioattività. Ma i rischi per la salute cominciano già al momento dell’estrazione dell’Uranio quando occorre macinare, centrifugare e lavare migliaia di tonnellate di rocce. Durante questo processo altamente energivoro non solo si emettono grandi quantità di fumi e di CO2, ma anche di polveri radioattive, le quali vengono inalate dai lavoratori con gravissimi rischi per la loro salute. Inoltre queste polveri radioattive vengono trasportate dal vento e si depositano sui terreni coltivabili, contaminandoli.


Siamo circondati da centrali nucleari di altri paesi?

Nessuna centrale nucleare di Francia, Svizzera e Slovenia si trova a meno di 100 chilometri dall’estremo confine Nord dell’Italia: pertanto non vi è alcun rischio di contaminazione radioattiva per l’Italia durante il normale funzionamento di queste centrali. In caso di incidente nucleare, è radicalmente diverso trovarsi a 10 o a 100 chilometri dal disastro, in quanto la concentrazione radioattiva della nube diminuisce con il cubo della distanza, il che significa che a 100 chilometri di distanza sarebbe un milione di volte meno intensa che a 1 chilometro dalla centrale. Se avvenisse un incidente nucleare grave, come quello di Chernobyl, in un paese confinante con l’Italia, per migliaia di anni una vasta area di diversi chilometri attorno alla centrale dovrebbe essere interdetta alla popolazione, ma tale area resterebbe tutta nel territorio di quel paese e non interesserebbe per nulla l’Italia.


Siamo costretti ad importare energia elettrica dalla Francia perché l’Italia non ne produce abbastanza?

L’Italia non ha nessun deficit di energia elettrica, avendo una potenza installata che eccede ampiamente la richiesta di consumo (oltre 90 mila megawatt contro un fabbisogno di poco più di 50 mila megawatt). L'Italia importa energia elettrica soprattutto di notte, quando i fabbisogni sono minimi, perché la Francia avendo centrali nucleari (che notoriamente non sopportano spegnimenti e avviamenti ripetuti) la svende sottocosto: per l’ENEL è dunque più conveniente acquistarla che produrla con le proprie centrali.


Un albero cade in Svizzera e l’Italia resta al buio.

Nella notte di domenica 28 settembre 2003 in Svizzera un albero cade sulla linea ad alta tensione che attraversa il Lucomagno: in breve buona parte dell’Italia resta al buio senza corrente elettrica. I fautori del nucleare subito vanno in televisione a dire che ciò è dovuto alla carenza di energia elettrica che c’è in Italia, e che la soluzione sono le centrali nucleari. Questa colossale bugia è presto scoperta: è noto che i momenti di minor consumo di energia elettrica sono di notte rispetto al giorno, nei giorni festivi rispetto ai feriali, e nelle mezze stagioni rispetto all’inverno dove sono accesi molti apparecchi elettrici per riscaldamento e d’estate dove sono accesi molti condizionatori elettrici: dunque nella notte di domenica 28 settembre 2003 i consumi elettrici in Italia erano minimi, e il blackout non fu dovuto alla carenza di energia elettrica ma, come un mese più tardi fu scritto in un rapporto dell'Unione per il coordinamento europeo del trasporto di energia elettrica, alle carenze di interconnessione della rete elettrica europea e in particolare italiana. In un secondo rapporto, voluto dal Ministero italiano delle Attività Produttive, si è pure puntato il dito contro i gestori di rete italiani, rei di alcuni errori e manchevolezze.

Le tariffe elettriche francesi sono più basse di quelle italiane perché la Francia ha le centrali nucleari?

La privatizzazione dell’industria elettrica ha portato in Italia ad un aumento delle tariffe, mentre il sistema elettrico francese è largamente pubblico e ha mantenuto tariffe più basse (finché anche l’ENEL era pubblica le tariffe in Italia erano simili a quelle della Francia). Dunque le centrali nucleari non c’entrano nulla col costo delle tariffe.


Lo stretto legame fra nucleare civile e nucleare militare

Negato per decenni, oggi è chiaro a tutti che esiste uno stretto legame fra centrali nucleari e proliferazione degli armamenti nucleari. Il 7 giugno 1981 alcuni cacciabombardieri israeliani si alzarono in volo e andarono a bombardare la costruenda centrale nucleare irakena di Osirak, per impedire che Saddam Hussein si dotasse di bombe nucleari. Già allora, dunque, era chiaro lo stretto legame fra nucleare civile e militare, ma oggi le vicende di Corea del Nord ed Iran hanno aperto a tutti gli occhi sul fatto che le centrali nucleari sono il cavallo di Troia per arrivare alle bombe.


Centrali nucleari e terrorismo

Concentrare la produzione di energia in pochi luoghi ad elevatissimo rischio comporta pericoli gravissimi anche dal punto di vista di attentati terroristici. Colpire una centrale nucleare vuol dire non solo rischiare di causare un incidente nucleare catastrofico, ma anche togliere l’energia a centinaia di migliaia di persone. L’energia va prodotta decentrandola il più possibile, non concentrandola in pochi siti vulnerabili, altrimenti occorre militarizzare il territorio: ne va di mezzo anche il concetto stesso di democrazia. Il rischio di terrorismo è dovuto anche a possibili furti di materiale fissile per produrre rudimentali ma catastrofiche bombe nucleari. Negli ultimi decenni sono avvenuti moltissimi furti di materiale radioattivo, ed anche recentemente sono stati arrestati gruppi terroristici che stavano trafficando in materiale per bombe nucleari.


Le centrali nucleari non diminuiscono la dipendenza energetica dell’Italia

L’Italia dipende per circa il 75% da fonti energetiche estere (petrolio, gas, carbone): è dunque necessario e urgente cambiare strada, ma il nucleare non è la risposta in quanto l’Italia non dispone di Uranio, elemento base per il funzionamento delle centrali nucleari, e d’altra parte nel mondo di Uranio ce n’è appena per qualche decina di anni ai consumi attuali: quella del nucleare civile è dunque una strada vecchia, senza futuro, rischiosa e costosa. Per coprire l’intero fabbisogno elettrico italiano ci vorrebbero circa 100 centrali nucleari. Le 4 centrali nucleari che il governo vorrebbe costruire potrebbero coprire, non prima di 10 anni, appena il 4% del fabbisogno elettrico italiano, Poiché però l’energia elettrica rappresenta circa il 17% dei consumi globali di energia, con 4 centrali nucleari si copre meno dello 0.7% del fabbisogno energetico totale.


Centrali nucleari e protocollo di Kyoto

Per estrarre l’Uranio occorre macinare, centrifugare, lavare migliaia di tonnellate di rocce, e in questi processi si emettono grandi quantità di CO2. Emissioni di CO2 vi sono anche nella fase di trasporto dell’Uranio, nella fase del suo arricchimento e in quella necessaria a sorvegliare militarmente la centrale e i depositi delle scorie. Se è vero che complessivamente tali emissioni di CO2 sono inferiori a quelle di una centrale a metano, sono però ben superiori ad una centrale eolica, solare o idroelettrica. Se poi si considera che prima di arrivare a metterla in funzione passeranno una decina d’anni, si vede che le emissioni di CO2 da qui al 2020 con il nucleare sono destinate ad aumentare, con conseguenti penali miliardarie che saremo obbligati a pagare per non aver rispettato il Protocollo di Kyoto.


I veri costi dell’energia nucleare

L’intero ciclo di una centrale nucleare comincia con l’estrazione dell’Uranio, che deve essere poi macinato, centrifugato e lavato. Poi deve essere arricchito in impianti appositi (di cui sono dotati pochissimi paesi al mondo) e quindi trasportato presso la centrale nucleare. Questa prima fase ha un costo di circa 60 milioni di Euro all’anno per centrale. Poi c’è il costo di costruzione della centrale: basandosi sull’ultima in costruzione, quella finlandese da 1600 MW, si può calcolare un costo di oltre 7 miliardi di Euro. Ma se partissero le centrali italiane, è già stato valutato un costo di non meno di 10 miliardi di Euro per centrale. Poi c’è il costo di esercizio (personale, manutenzioni, materiali di consumo, ecc.) valutabile in non meno di 30 milioni di Euro all’anno. Poi c’è il costo di riprocessamento delle barre di combustibile esauste (in pochissimi impianti al mondo). Poi c’è il costo di smantellamento della centrale, che ben che vada funzionerà per 25 anni: il costo è almeno di 5 miliardi di Euro. Infine c’è il costo della militarizzazione dei depositi di scorie per almeno 10 mila anni: un costo difficilmente valutabile ma sicuramente oltre il miliardo di Euro. Dunque, senza contare i costi delle malattie generate dalla radioattività delle centrali e senza contare eventuali incidenti, per produrre un MWh di energia elettrica da fonte nucleare occorrono almeno 80 Euro. Non è un caso che da più di 30 anni nessuna impresa privata si mette a costruire centrali nucleari, perché senza un forte contributo statale i costi del nucleare sono fuori mercato. Ed è significativo il fatto che l’ultima centrale nucleare ordinata negli Stati Uniti è del 1978 e l’ultima entrata in funzione è del 1996. Per i paesi che hanno anche tecnologia nucleare militare, questi costi sono un po’ più bassi ma per l’Italia no perché noi non abbiamo né l’Uranio nè impianti di arricchimento né abbiamo impianti di riprocessamento. Oggi il costo dell’energia elettrica da solare fotovoltaico, senza considerare gli incentivi dei governi, è analogo a quello del nucleare, ma sono già in produzione pannelli fotovoltaici che costano un terzo di quelli attuali: quindi la tendenza nel mondo è verso una forte riduzione dei costi del fotovoltaico. Se poi consideriamo l’eolico, questo ha costi che già oggi sono meno della metà di quelli del nucleare. Una centrale solare termodinamica del tipo di quelle ideate dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia (che ha il vantaggio di funzionare per 48 ore in assenza di sole, grazie al sistema di accumulo del calore), ha un costo attualmente paragonabile al fotovoltaico, ma che potrebbe scendere sensibilmente investendo nel settore e industrializzando i componenti per realizzare economie di scala. Le suddette centrali ad energie rinnovabili hanno tempi di costruzione e costi di funzionamento molto ridotti rispetto al nucleare.


Se il nucleare è un bidone, perché i politici lo vogliono?

L’energia nucleare è la fonte che dà più potere ai politici perché spendono i soldi del futuro: è come una magia finanziaria. Gli appalti atomici garantiscono ai politici questo vantaggio immediato: mettono le mani subito su risorse oggi inesistenti che impegnano il Paese per decenni, anche quando quei politici non saranno più al governo. E più è grande l’opera maggiore è il potere da gestire, maggiori le promesse da poter fare, maggiori i voti da incassare. E maggiori i rischi di tangenti che, su appalti di miliardi di Euro, sono quanto mai appetibili: la pressione delle lobby nucleariste sono formidabili, mentre su sole e vento non ci sono interessi economici concentrati ma diffusi, e quindi di natura molto più democratica.


Le alternative alle centrali nucleari

Abbiamo visto che 4 centrali nucleari coprirebbero meno dello 0.7% del fabbisogno energetico italiano. Circa un terzo di questo fabbisogno è dovuto al riscaldamento degli edifici: se si estendesse a tutta Italia la legge che c’è nella provincia autonoma di Bolzano, si potrebbe risparmiare almeno la metà dell’energia sprecata per riscaldare gli edifici: il che significa ridurre di oltre il 15% i consumi totali di energia, più di 20 volte di quello che si vorrebbe ottenere col nucleare. O ancora: mettendo fuori legge gli scaldabagni elettrici utilizzando al loro posto i pannelli solari e sostituendo le lattine in alluminio con il vetro, come avviene nei paesi scandinavi, si ridurrebbero i consumi elettrici di più del doppio di quanto si vuole ottenere con l’energia nucleare. Ormai anche i paesi che hanno centrali nucleari investono marginalmente in questa fonte energetica obsoleta e costosissima, mentre puntano tutto sul risparmio energetico, sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Dagli inizi degli anni ’70, invece, con una pausa dal 1987, anno del referendum sul nucleare, ad oggi, l’Italia ha investito miliardi e miliardi di Euro nell’energia nucleare e solo briciole per il (sole soprattutto, e poi vento, geotermia, biomasse). Questa follia nucleare è già costata all’Italia non solo una enorme quantità di denaro ma anche 25 anni di arretratezza sul versante del risparmio, dell’efficienza e delle energie rinnovabili. Riprendere oggi la follia nucleare lascerà all’Italia problemi irrisolti che graveranno economicamente (e non solo) sulle generazioni future, relegandola ad un ruolo marginale nello scenario economico, industriale e scientifico mondiale. Negli Stati Uniti, che pure sono il primo paese nucleare al mondo, è notizia di questi giorni che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha superato quella prodotta per via nucleare: altro che ruolo marginale e insignificante! Inoltre per ogni posto di lavoro creato con l’energia nucleare se ne creano almeno il doppio nel settore del risparmio, dell’efficienza e delle energie rinnovabili. Ha scritto Papa Benedetto XVI al punto 9 del suo messaggio per la giornata mondiale della pace 2010: “È indubbio che uno dei principali nodi da affrontare, da parte della comunità internazionale, è quello delle risorse energetiche, individuando strategie condivise e sostenibili per soddisfare i bisogni di energia della presente generazione e di quelle future. A tale scopo, è necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre promuovere la ricerca e l’applicazione di energie di minore impatto ambientale e la «ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi che ne sono privi possano accedervi». La crisi ecologica, dunque, offre una storica opportunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità. Auspico, pertanto, l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani. … Tante sono oggi le opportunità scientifiche e i potenziali percorsi innovativi, grazie ai quali è possibile fornire soluzioni soddisfacenti ed armoniose alla relazione tra l’uomo e l’ambiente. Ad esempio, occorre incoraggiare le ricerche volte ad individuare le modalità più efficaci per sfruttare la grande potenzialità dell’energia solare”. Condividiamo pienamente: la questione energetica va affrontata nella direzione indicata dal Papa.


NO ALLE CENTRALI NUCLEARI PERCHÈ:

..è irrisolto il problema delle scorie radioattive; ..producono una contaminazione radioattiva anche nel normale funzionamento e quindi sono pericolose per la salute; ..sono a serio rischio di incidenti gravi e catastrofici (tanto che nessuna compagnia è disponibile ad assicurarle); ..non ne abbiamo a meno di 100 km dai nostri confini e quindi non siamo a grave rischio di contaminazione radioattiva; ..non siamo noi ad essere costretti a comprare energia dalla Francia ma è la Francia che la svende perché le centrali nucleari non si possono spegnere; ..non abbiamo nessun deficit di energia elettrica ma è vero che dobbiamo ridurre l’uso di combustibili fossili; ..le tariffe elettriche sono una scelta politica e non c’entrano nulla con la fonte energetica utilizzata; ..sono il cavallo di Troia per i paesi che vogliono costruire bombe nucleari (vedi Iraq, Iran, Corea del Nord, Israele, ecc.); sono a forte rischio di attacchi terroristici e favoriscono la produzione di ordigni nucleari a scopi terroristici; ..non diminuiscono la dipendenza dal petrolio e creano la dipendenza dall’uranio che comunque finirà nel giro di pochi decenni; ..non risolvono il problema delle emissioni di CO2; ..generano molti meno posti di lavoro di quelli prodotti col risparmio energetico, efficienza energetica ed energie rinnovabili; ..hanno un costo elevatissimo tanto che da 30 anni nessuna impresa privata le costruisce senza aiuti statali.

Affideresti il futuro dell’energia ad una fonte che potrà durare solo pochi decenni, oppure ad una che durerà almeno 5 miliardi di anni?

tratto da:
www.miritalia.org/
1a Edizione Dicembre 2010 - Revisione di marzo 2011

Hanno collaborato alla stesura di questo opuscolo:
Luciano Benini, fisico (luciano.benini@tin.it)
Alessandro Colantonio, ingegnere (alex.colantonio@tiscali.it)