venerdì 1 aprile 2011

BASTA BUGIE

PREPARIAMOCI AL REFERENDUM

Energia nucleare:
una scelta immorale e senza futuro.

INTRODUZIONE

Già contrario alle armi nucleari, all’inizio degli anni '70 il M.I.R., Movimento Internazionale della Riconciliazione, è stato il primo movimento in Italia a schierarsi contro il nucleare civile e a favore del risparmio energetico, dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Grazie a numerose iniziative e lotte nonviolente contro le centrali nucleari, si è giunti al referendum del 1987 nel quale oltre l’80% degli italiani ha deciso l’uscita dal nucleare. Ora però il governo Berlusconi ha deciso di riaprire al nucleare proprio quando in tutto il mondo si sta andando nella direzione opposta. Per questo motivo abbiamo deciso di pubblicare questo opuscolo per informare i cittadini sulle tante bugie che si raccontano: perché è solo essendo informati che si può scegliere consapevolmente il nostro futuro.


Il nucleare oggi.

Oggi nel mondo esistono circa 440 centrali nucleari funzionanti le quali coprono circa il 13.8% dei consumi di energia elettrica mondiale: poiché però l’energia elettrica rappresenta meno del 20% dell’energia totale consumata, se ne deduce che l’energia nucleare copre meno del 3% dei consumi energetici mondiali. La maggior parte delle centrali nucleari si trova nei paesi che sono anche detentori di bombe nucleari: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia, Cina, a conferma dello stretto legame fra nucleare civile e nucleare militare. Molti dei paesi che non hanno bombe nucleari hanno deciso di chiudere la fallimentare esperienza delle centrali nucleari: il Belgio lo ha fatto nel 1996, la Germania lo ha deciso nel 2000, entro il 2011 abbandonerà il nucleare la Svezia. In Spagna entro il 2014 tutte le 7 centrali nucleari funzionanti chiuderanno.


Le scorie radioattive.

A tutt’oggi non esiste una soluzione definitiva al problema delle scorie radioattive prodotte dalle centrali nucleari. Poiché rimangono radioattive per decine di migliaia di anni, non solo occorre trovare un luogo geologicamente sicuro dove depositarle per un tempo così lungo, ma occorre anche militarizzare il territorio circostante per impedirne il furto a scopi terroristici.


La centrale americana di Three Miles Island ad Harrisburg, Pennsylvania, dove nel 1979 avvenne un gravissimo incidente nucleare.

La sicurezza delle centrali nucleari.

Le centrali nucleari cosiddette sicure, quelle di quarta generazione, semplicemente non esistono nè si vedono all’orizzonte. E poiché l’Uranio, ai ritmi attuali di consumo, si esaurirà nel giro di pochi decenni, si può star certi che non saranno mai costruite. Poiché i principi fisici che stanno alla base del funzionamento di una centrale nucleare non cambiano, e al massimo si è riusciti a migliorare qualche aspetto ingegneristico, le centrali che l’Italia vorrebbe acquistare dalla Francia (di tipo EPR) non saranno intrinsecamente esenti da rischi di incidenti anche gravi. Ogni anno avvengono più di 100 incidenti nucleari lievi o medi, ma non si può escludere l’incidente potenzialmente catastrofico, come quello del 1979 negli Stati Uniti a Three Miles Island, o quello catastrofico, come quello del 1986 a Chernobyl, che ha causato molte migliaia di morti. Entrambi questi incidenti erano considerati “impossibili” negli scenari previsti dagli “esperti” del nucleare. Sono poi sempre possibili errori umani, atti di sabotaggio e catastrofi naturali (terremoti, alluvioni ecc.) che hanno portato ad avere fino ad oggi almeno 5.000 incidenti in impianti nucleari. Non è un caso che nessuna compagnia al mondo è disponibile ad assicurare una centrale nucleare dai rischi di incidente, perchè l’entità e la potenziale durata dei rischi è altissima.


Centrali nucleari e salute.

Nella normale vita di una centrale nucleare vi sono continui rilasci di materiale radioattivo, sia in forma solida che liquida che gassosa. Poiché le radiazioni ionizzanti producono tumori in percentuale tanto maggiore quanto maggiore è la dose assorbita dalla popolazione, e non vi è una soglia minima sotto la quale non ci siano effetti sanitari, anche in condizioni di esercizio “normale” di una centrale vi sono rischi potenziali di tumori per la popolazione che vive in un raggio di qualche decina di chilometri da una centrale nucleare. Studi internazionali riportati in riviste scientifiche indipendenti stimano che le leucemie infantili raddoppino per la popolazione che si trova in un raggio di 5 chilometri da una centrale nucleare. In Francia a tutte le persone che abitano entro un raggio di 10 chilometri da una centrale nucleare vengono distribuite pillole di iodio da utilizzare per contrastare gli effetti sanitari della radioattività. Ma i rischi per la salute cominciano già al momento dell’estrazione dell’Uranio quando occorre macinare, centrifugare e lavare migliaia di tonnellate di rocce. Durante questo processo altamente energivoro non solo si emettono grandi quantità di fumi e di CO2, ma anche di polveri radioattive, le quali vengono inalate dai lavoratori con gravissimi rischi per la loro salute. Inoltre queste polveri radioattive vengono trasportate dal vento e si depositano sui terreni coltivabili, contaminandoli.


Siamo circondati da centrali nucleari di altri paesi?

Nessuna centrale nucleare di Francia, Svizzera e Slovenia si trova a meno di 100 chilometri dall’estremo confine Nord dell’Italia: pertanto non vi è alcun rischio di contaminazione radioattiva per l’Italia durante il normale funzionamento di queste centrali. In caso di incidente nucleare, è radicalmente diverso trovarsi a 10 o a 100 chilometri dal disastro, in quanto la concentrazione radioattiva della nube diminuisce con il cubo della distanza, il che significa che a 100 chilometri di distanza sarebbe un milione di volte meno intensa che a 1 chilometro dalla centrale. Se avvenisse un incidente nucleare grave, come quello di Chernobyl, in un paese confinante con l’Italia, per migliaia di anni una vasta area di diversi chilometri attorno alla centrale dovrebbe essere interdetta alla popolazione, ma tale area resterebbe tutta nel territorio di quel paese e non interesserebbe per nulla l’Italia.


Siamo costretti ad importare energia elettrica dalla Francia perché l’Italia non ne produce abbastanza?

L’Italia non ha nessun deficit di energia elettrica, avendo una potenza installata che eccede ampiamente la richiesta di consumo (oltre 90 mila megawatt contro un fabbisogno di poco più di 50 mila megawatt). L'Italia importa energia elettrica soprattutto di notte, quando i fabbisogni sono minimi, perché la Francia avendo centrali nucleari (che notoriamente non sopportano spegnimenti e avviamenti ripetuti) la svende sottocosto: per l’ENEL è dunque più conveniente acquistarla che produrla con le proprie centrali.


Un albero cade in Svizzera e l’Italia resta al buio.

Nella notte di domenica 28 settembre 2003 in Svizzera un albero cade sulla linea ad alta tensione che attraversa il Lucomagno: in breve buona parte dell’Italia resta al buio senza corrente elettrica. I fautori del nucleare subito vanno in televisione a dire che ciò è dovuto alla carenza di energia elettrica che c’è in Italia, e che la soluzione sono le centrali nucleari. Questa colossale bugia è presto scoperta: è noto che i momenti di minor consumo di energia elettrica sono di notte rispetto al giorno, nei giorni festivi rispetto ai feriali, e nelle mezze stagioni rispetto all’inverno dove sono accesi molti apparecchi elettrici per riscaldamento e d’estate dove sono accesi molti condizionatori elettrici: dunque nella notte di domenica 28 settembre 2003 i consumi elettrici in Italia erano minimi, e il blackout non fu dovuto alla carenza di energia elettrica ma, come un mese più tardi fu scritto in un rapporto dell'Unione per il coordinamento europeo del trasporto di energia elettrica, alle carenze di interconnessione della rete elettrica europea e in particolare italiana. In un secondo rapporto, voluto dal Ministero italiano delle Attività Produttive, si è pure puntato il dito contro i gestori di rete italiani, rei di alcuni errori e manchevolezze.

Le tariffe elettriche francesi sono più basse di quelle italiane perché la Francia ha le centrali nucleari?

La privatizzazione dell’industria elettrica ha portato in Italia ad un aumento delle tariffe, mentre il sistema elettrico francese è largamente pubblico e ha mantenuto tariffe più basse (finché anche l’ENEL era pubblica le tariffe in Italia erano simili a quelle della Francia). Dunque le centrali nucleari non c’entrano nulla col costo delle tariffe.


Lo stretto legame fra nucleare civile e nucleare militare

Negato per decenni, oggi è chiaro a tutti che esiste uno stretto legame fra centrali nucleari e proliferazione degli armamenti nucleari. Il 7 giugno 1981 alcuni cacciabombardieri israeliani si alzarono in volo e andarono a bombardare la costruenda centrale nucleare irakena di Osirak, per impedire che Saddam Hussein si dotasse di bombe nucleari. Già allora, dunque, era chiaro lo stretto legame fra nucleare civile e militare, ma oggi le vicende di Corea del Nord ed Iran hanno aperto a tutti gli occhi sul fatto che le centrali nucleari sono il cavallo di Troia per arrivare alle bombe.


Centrali nucleari e terrorismo

Concentrare la produzione di energia in pochi luoghi ad elevatissimo rischio comporta pericoli gravissimi anche dal punto di vista di attentati terroristici. Colpire una centrale nucleare vuol dire non solo rischiare di causare un incidente nucleare catastrofico, ma anche togliere l’energia a centinaia di migliaia di persone. L’energia va prodotta decentrandola il più possibile, non concentrandola in pochi siti vulnerabili, altrimenti occorre militarizzare il territorio: ne va di mezzo anche il concetto stesso di democrazia. Il rischio di terrorismo è dovuto anche a possibili furti di materiale fissile per produrre rudimentali ma catastrofiche bombe nucleari. Negli ultimi decenni sono avvenuti moltissimi furti di materiale radioattivo, ed anche recentemente sono stati arrestati gruppi terroristici che stavano trafficando in materiale per bombe nucleari.


Le centrali nucleari non diminuiscono la dipendenza energetica dell’Italia

L’Italia dipende per circa il 75% da fonti energetiche estere (petrolio, gas, carbone): è dunque necessario e urgente cambiare strada, ma il nucleare non è la risposta in quanto l’Italia non dispone di Uranio, elemento base per il funzionamento delle centrali nucleari, e d’altra parte nel mondo di Uranio ce n’è appena per qualche decina di anni ai consumi attuali: quella del nucleare civile è dunque una strada vecchia, senza futuro, rischiosa e costosa. Per coprire l’intero fabbisogno elettrico italiano ci vorrebbero circa 100 centrali nucleari. Le 4 centrali nucleari che il governo vorrebbe costruire potrebbero coprire, non prima di 10 anni, appena il 4% del fabbisogno elettrico italiano, Poiché però l’energia elettrica rappresenta circa il 17% dei consumi globali di energia, con 4 centrali nucleari si copre meno dello 0.7% del fabbisogno energetico totale.


Centrali nucleari e protocollo di Kyoto

Per estrarre l’Uranio occorre macinare, centrifugare, lavare migliaia di tonnellate di rocce, e in questi processi si emettono grandi quantità di CO2. Emissioni di CO2 vi sono anche nella fase di trasporto dell’Uranio, nella fase del suo arricchimento e in quella necessaria a sorvegliare militarmente la centrale e i depositi delle scorie. Se è vero che complessivamente tali emissioni di CO2 sono inferiori a quelle di una centrale a metano, sono però ben superiori ad una centrale eolica, solare o idroelettrica. Se poi si considera che prima di arrivare a metterla in funzione passeranno una decina d’anni, si vede che le emissioni di CO2 da qui al 2020 con il nucleare sono destinate ad aumentare, con conseguenti penali miliardarie che saremo obbligati a pagare per non aver rispettato il Protocollo di Kyoto.


I veri costi dell’energia nucleare

L’intero ciclo di una centrale nucleare comincia con l’estrazione dell’Uranio, che deve essere poi macinato, centrifugato e lavato. Poi deve essere arricchito in impianti appositi (di cui sono dotati pochissimi paesi al mondo) e quindi trasportato presso la centrale nucleare. Questa prima fase ha un costo di circa 60 milioni di Euro all’anno per centrale. Poi c’è il costo di costruzione della centrale: basandosi sull’ultima in costruzione, quella finlandese da 1600 MW, si può calcolare un costo di oltre 7 miliardi di Euro. Ma se partissero le centrali italiane, è già stato valutato un costo di non meno di 10 miliardi di Euro per centrale. Poi c’è il costo di esercizio (personale, manutenzioni, materiali di consumo, ecc.) valutabile in non meno di 30 milioni di Euro all’anno. Poi c’è il costo di riprocessamento delle barre di combustibile esauste (in pochissimi impianti al mondo). Poi c’è il costo di smantellamento della centrale, che ben che vada funzionerà per 25 anni: il costo è almeno di 5 miliardi di Euro. Infine c’è il costo della militarizzazione dei depositi di scorie per almeno 10 mila anni: un costo difficilmente valutabile ma sicuramente oltre il miliardo di Euro. Dunque, senza contare i costi delle malattie generate dalla radioattività delle centrali e senza contare eventuali incidenti, per produrre un MWh di energia elettrica da fonte nucleare occorrono almeno 80 Euro. Non è un caso che da più di 30 anni nessuna impresa privata si mette a costruire centrali nucleari, perché senza un forte contributo statale i costi del nucleare sono fuori mercato. Ed è significativo il fatto che l’ultima centrale nucleare ordinata negli Stati Uniti è del 1978 e l’ultima entrata in funzione è del 1996. Per i paesi che hanno anche tecnologia nucleare militare, questi costi sono un po’ più bassi ma per l’Italia no perché noi non abbiamo né l’Uranio nè impianti di arricchimento né abbiamo impianti di riprocessamento. Oggi il costo dell’energia elettrica da solare fotovoltaico, senza considerare gli incentivi dei governi, è analogo a quello del nucleare, ma sono già in produzione pannelli fotovoltaici che costano un terzo di quelli attuali: quindi la tendenza nel mondo è verso una forte riduzione dei costi del fotovoltaico. Se poi consideriamo l’eolico, questo ha costi che già oggi sono meno della metà di quelli del nucleare. Una centrale solare termodinamica del tipo di quelle ideate dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia (che ha il vantaggio di funzionare per 48 ore in assenza di sole, grazie al sistema di accumulo del calore), ha un costo attualmente paragonabile al fotovoltaico, ma che potrebbe scendere sensibilmente investendo nel settore e industrializzando i componenti per realizzare economie di scala. Le suddette centrali ad energie rinnovabili hanno tempi di costruzione e costi di funzionamento molto ridotti rispetto al nucleare.


Se il nucleare è un bidone, perché i politici lo vogliono?

L’energia nucleare è la fonte che dà più potere ai politici perché spendono i soldi del futuro: è come una magia finanziaria. Gli appalti atomici garantiscono ai politici questo vantaggio immediato: mettono le mani subito su risorse oggi inesistenti che impegnano il Paese per decenni, anche quando quei politici non saranno più al governo. E più è grande l’opera maggiore è il potere da gestire, maggiori le promesse da poter fare, maggiori i voti da incassare. E maggiori i rischi di tangenti che, su appalti di miliardi di Euro, sono quanto mai appetibili: la pressione delle lobby nucleariste sono formidabili, mentre su sole e vento non ci sono interessi economici concentrati ma diffusi, e quindi di natura molto più democratica.


Le alternative alle centrali nucleari

Abbiamo visto che 4 centrali nucleari coprirebbero meno dello 0.7% del fabbisogno energetico italiano. Circa un terzo di questo fabbisogno è dovuto al riscaldamento degli edifici: se si estendesse a tutta Italia la legge che c’è nella provincia autonoma di Bolzano, si potrebbe risparmiare almeno la metà dell’energia sprecata per riscaldare gli edifici: il che significa ridurre di oltre il 15% i consumi totali di energia, più di 20 volte di quello che si vorrebbe ottenere col nucleare. O ancora: mettendo fuori legge gli scaldabagni elettrici utilizzando al loro posto i pannelli solari e sostituendo le lattine in alluminio con il vetro, come avviene nei paesi scandinavi, si ridurrebbero i consumi elettrici di più del doppio di quanto si vuole ottenere con l’energia nucleare. Ormai anche i paesi che hanno centrali nucleari investono marginalmente in questa fonte energetica obsoleta e costosissima, mentre puntano tutto sul risparmio energetico, sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Dagli inizi degli anni ’70, invece, con una pausa dal 1987, anno del referendum sul nucleare, ad oggi, l’Italia ha investito miliardi e miliardi di Euro nell’energia nucleare e solo briciole per il (sole soprattutto, e poi vento, geotermia, biomasse). Questa follia nucleare è già costata all’Italia non solo una enorme quantità di denaro ma anche 25 anni di arretratezza sul versante del risparmio, dell’efficienza e delle energie rinnovabili. Riprendere oggi la follia nucleare lascerà all’Italia problemi irrisolti che graveranno economicamente (e non solo) sulle generazioni future, relegandola ad un ruolo marginale nello scenario economico, industriale e scientifico mondiale. Negli Stati Uniti, che pure sono il primo paese nucleare al mondo, è notizia di questi giorni che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha superato quella prodotta per via nucleare: altro che ruolo marginale e insignificante! Inoltre per ogni posto di lavoro creato con l’energia nucleare se ne creano almeno il doppio nel settore del risparmio, dell’efficienza e delle energie rinnovabili. Ha scritto Papa Benedetto XVI al punto 9 del suo messaggio per la giornata mondiale della pace 2010: “È indubbio che uno dei principali nodi da affrontare, da parte della comunità internazionale, è quello delle risorse energetiche, individuando strategie condivise e sostenibili per soddisfare i bisogni di energia della presente generazione e di quelle future. A tale scopo, è necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre promuovere la ricerca e l’applicazione di energie di minore impatto ambientale e la «ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi che ne sono privi possano accedervi». La crisi ecologica, dunque, offre una storica opportunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità. Auspico, pertanto, l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani. … Tante sono oggi le opportunità scientifiche e i potenziali percorsi innovativi, grazie ai quali è possibile fornire soluzioni soddisfacenti ed armoniose alla relazione tra l’uomo e l’ambiente. Ad esempio, occorre incoraggiare le ricerche volte ad individuare le modalità più efficaci per sfruttare la grande potenzialità dell’energia solare”. Condividiamo pienamente: la questione energetica va affrontata nella direzione indicata dal Papa.


NO ALLE CENTRALI NUCLEARI PERCHÈ:

..è irrisolto il problema delle scorie radioattive; ..producono una contaminazione radioattiva anche nel normale funzionamento e quindi sono pericolose per la salute; ..sono a serio rischio di incidenti gravi e catastrofici (tanto che nessuna compagnia è disponibile ad assicurarle); ..non ne abbiamo a meno di 100 km dai nostri confini e quindi non siamo a grave rischio di contaminazione radioattiva; ..non siamo noi ad essere costretti a comprare energia dalla Francia ma è la Francia che la svende perché le centrali nucleari non si possono spegnere; ..non abbiamo nessun deficit di energia elettrica ma è vero che dobbiamo ridurre l’uso di combustibili fossili; ..le tariffe elettriche sono una scelta politica e non c’entrano nulla con la fonte energetica utilizzata; ..sono il cavallo di Troia per i paesi che vogliono costruire bombe nucleari (vedi Iraq, Iran, Corea del Nord, Israele, ecc.); sono a forte rischio di attacchi terroristici e favoriscono la produzione di ordigni nucleari a scopi terroristici; ..non diminuiscono la dipendenza dal petrolio e creano la dipendenza dall’uranio che comunque finirà nel giro di pochi decenni; ..non risolvono il problema delle emissioni di CO2; ..generano molti meno posti di lavoro di quelli prodotti col risparmio energetico, efficienza energetica ed energie rinnovabili; ..hanno un costo elevatissimo tanto che da 30 anni nessuna impresa privata le costruisce senza aiuti statali.

Affideresti il futuro dell’energia ad una fonte che potrà durare solo pochi decenni, oppure ad una che durerà almeno 5 miliardi di anni?

tratto da:
www.miritalia.org/
1a Edizione Dicembre 2010 - Revisione di marzo 2011

Hanno collaborato alla stesura di questo opuscolo:
Luciano Benini, fisico (luciano.benini@tin.it)
Alessandro Colantonio, ingegnere (alex.colantonio@tiscali.it)

3 commenti:

liberix ha detto...

1 - AUMENTANO I TUMORI NEI BAMBINI CHE VIVONO VICINO ALLE CENTRALI NUCLEARI

Mentre l’Italia concretizza i primi decisivi passi per il ritorno al nucleare individuando e segretando fino alle elezioni i siti individuati dalle stesse ditte costruttrici, il Dr. Giuseppe MISEROTTI, presidente dell’ordine dei medici di Piacenza e membro del comitato direttivo dell’ISDE (Associazione Italiana Medici per l’Ambiente), in occasione del convegno “Ambiente e Salute” organizzato recentemente presso l’ordine dei medici di Napoli, ha presentato i dati sulla correlazione tra vicinanza alle centrali nucleari e aumento di leucemie nei bambini derivanti dagli studi di Ian Fairie (già consulente inglese per la radioprotezione) e pubblicati su Environmental Health a fine Settembre 2009.
Il Dr Miserotti ha puntualizzato che nel normale funzionamento di qualsiasi centrale nucleare (anche in assenza di incidenti o fughe radioattive) vengono inevitabilmente e obbligatoriamente prodotte ed immesse nell’ambiente esterno una serie di sostanze radioattive, che entrano anche nella catena alimentare dell’uomo. In particolare, il trizio e il carbonio 14 sono le sostanze eliminate in maggiore quantità dai normali fumi e vapori emessi dalle centrali nucleari. Il trizio ha una emivita (tempo di dimezzamento della carica radioattiva) di circa 10-12 anni ed è praticamente un idrogeno più pesante che viene in parte respirato e in parte assunto con acqua e alimenti da parte dell’uomo. Questa sostanza entra nei liquidi biologici umani e si concentra enormemente nel sangue, rimanendo nel nostro organismo e in tutti i tessuti corporei fino al decadimento e alla completa eliminazione. Il carbonio 14 ha invece un’emivita di migliaia di anni e quindi diventa un componente stabile dei nostri tessuti. Si tratta di cancerogeni mutageni ad azione disembriogenetica, cioè provocano tumori e malformazioni (interferiscono nello sviluppo dei feti umani). Queste sostanze, ribadisce il Dr. MISEROTTI, vengono prodotte nel NORMALE CICLO DI FUNZIONAMENTO DI TUTTE LE CENTRALI NUCLEARI. Ma c’è di più: il KiKK study, commissionato dal Governo tedesco e condotto dai migliori epidemiologi dell’Università di Magonza, con rilevazioni riferibili agli anni dal 1980 al 2003 che riguardavano le 15 centrali nucleari attualmente in funzione, ha provato senza ombra di dubbi che i bambini che vivono nei pressi di una centrale nucleare si ammalano più frequentemente di leucemie (più del doppio rispetto ai non esposti). “La probabilità di ammalarsi di leucemia”, spiega il DR MISEROTTI, “è direttamente proporzionale alla vicinanza chilometrica con la centrale nucleare, ridimensionando tutte le giustificazioni pro-nucleare basate sulla presenza di centrali a poche centinaia di chilometri dai nostri confini nazionali”. Infatti, entro i 5 km dalle centrali nucleari è massimo l’aumento del rischio di ammalarsi di leucemie infantili (aumenti del 220%) e di tumori embriogenetici (aumenti del 160%). Anche il fattore tempo sembra essere determinante per quanto riguarda l’esposizione alle radiazioni. I francesi stanno già avendo pesanti ricadute in termini di tumori della tiroide, che rappresentano le prime manifestazioni neoplastiche in ordine di tempo, ma ben altre conseguenze potranno verificarsi nei prossimi decenni.

...continua

lòiberix ha detto...

.......prosegue da commento precedente

2- AUMENTANO I TUMORI NEI BAMBINI CHE VIVONO VICINO ALLE CENTRALI NUCLEARI

.....“Nessuno dice che in Francia la frequenza di tumori tiroidei è aumentata del 300% nelle donne e del 180% negli uomini in soli venti anni”. C’è poi il problema dei lavoratori: uno studio americano ha infatti dimostrato un aumento dei linfomi negli uomini che hanno lavorato presso centrali nucleari per 35 anni. “Lo stesso concetto di limiti di esposizione professionale è fondato più su di una valutazione di accettabilità sulla base del rapporto costi/benefici per i lavoratori, che vengono comunque indennizzati economicamente, non esistendo una possibilità scientifica di definire soglie di esposizioni corrispondenti ad assenza di pericoli per la salute”. Non bisogna dimenticare, poi, che la lavorazione dell’uranio per scopi civili (le centrali) produce il plutonio necessario a costruire testate nucleari”. MISEROTTI confuta anche la presunta economicità del nucleare: “non vengono mai ricompresi nel computo dei costi, tutti quei costi legati alle dismissioni e smaltimenti delle scorie delle centrali nucleari. “Il 40% dell’acqua di superficie del territorio francese viene impiegata per raffreddare il calore prodotto in enormi quantità nelle centrali nucleari. Non si dimentichi a tal proposito che dal punto di vista termodinamico le centrali termonucleari hanno rendimenti molto bassi (36-38%). La scarsa flessiblità di questi impianti consente alla Francia di dover esportare energia (specie nei fine settimana e di notte ) ai Paesi limitrofi (a costi bassissimi ). Ma nei giorni e nelle ore di punta è costretta ad importare energia a sua volta a causa di un irrazionale impostazione dell’utilizzo termodinamico della corrente elettrica (boiler e fornelli elettrici etc.) Il nucleare quindi non non è economico”. Lo dimostra un articolo del Wall Street Journal del Maggio 2008, in cui si concludeva che le centrali nucleari hanno costi imprevedibili e sono da ritenersi fuori mercato. “E poi: che valore diamo alla vita di un bambino che potrebbe essere nostro figlio o nostro nipote?” “Dobbiamo proprio pagare questo tributo al mondo degli affari quando esistono valide alternative che sono a tuttoggi affrontate con grande decisione negli altri Paesi? Non si trascuri inoltre il problema irrisolto (ed irrisolvibile) dello stoccaggio delle scorie. I costi per chiudere il ciclo dell’uranio e delle sue scorie non vengono mai considerati . In effetti si sa solo che sono enormi e non quantificabili. Gli Stati Uniti dopo oltre un ventennio in cui hanno speso cifre folli (80 miliardi di dollari) hanno rinunciato - per decisione del Presidente Obama - ad ulteriori investimenti nel sito di Yucca Mountain . Di fatto- molte delle scorie nucleari delle centrali di tutto il mondo- giacciono all’interno delle territorio di ubicazione delle centrali stesse.

.....continua

Liberix ha detto...

....prosegue da commento precedente

3- AUMENTANO I TUMORI NEI BAMBINI CHE VIVONO VICINO ALLE CENTRALI NUCLEARI

....Diversi Paesi europei dopo la pubblicazione di questi rapporti e studi internazionali stanno rivedendo le proprie opzioni energetiche a sfavore del nucleare”. La Germania , in particolare, ha recentemente fatto sapere ch entro il 2050 sarà in grado di produrre tutta l’energia elettrica dui ha necessità tramite le fonti rinnovabili. Sono, infine, sempre possibili i rischi di incidenti veri e propri come dimostra la tragedia di Chernobyl e la parziale fusione del nocciolo a Three Mile Island; senza trascurare il gravissimo recente incidente di Fukushima in Giappone. I numeri di incidenti definiti come minori secondo la scala INES (International Nuclear Event Scale) sono numerosissimi e puntualmente celati: solo in Francia sono molte centinaia e le conseguenze in termini di aumento della morbilità e mortalità per tumori nelle aree limitrofe sono significativi. Infine, va puntualizzato che il risparmio energetico da parte dei cittadini (ovvero quelle semplici misure come la razionalizzazione dell’utilizzo delle luci o il semplice spegnimento degli apparecchi in stand-by) consente di risparmiare circa il 3% del fabbisogno energetico nazionale dell’Italia. E’ quanto corrisponde all’incirca alla produzione di energia ottenibile con l’attivazione delle proposte centrali nucleari. E non c’è dubbio che eliminare i consumi inutili sia una strategia più sicura del nucleare! Senza trascurare i positivi effetti sulle bollette delle famiglie italiane.

CONTATTI: giuseppe.miserotti@teletu.it
Bibliografia:
Ian Fairlie- Childhood leukemias near nuclear power stations - Environmental Health 9/2009.
Kaatsch P, Spix C , Schulze-Rath R, Schmiedel S, Blettner M: Leukemias in young children living in the vicinity of German nuclear power plants. Int.J.Cancer 2008, 122: 721-726
BfS: Unanimous Statement by the Expert Group commissioned by the Bundesamt fur Strahlenschutz on the KIKK Study German Federal Office for radiation Protection . Berlin ,Germany 2007.
M.C. Hatch,S Wallenstein, J Beyea, JW Nieves, And M Susser : Am.J. Public Health. 1991, June 81: (6): 719-724.