lunedì 31 maggio 2010

FRATELLI DELLA COSTA 2

Con piacere riportiamo l'esito dell'assemblea tenutasi a Molfetta il 17 maggio

Il Liberatorio Politico proprio non riesce a staccare gli occhi dal cartello arrugginito e roso dalla salsedine di Torre Gavetone. “Pericolo - Divieto di balneazione – Presenza di ordigni inesplosi” c’è scritto, e in basso a destra è citata un’ordinanza della capitaneria di porto.

Più passa il tempo, più la ruggine fa il suo lavoro e più il cartello diviene illeggibile. «Un giorno prima o poi cadrà e allora che faranno le autorità? Ne metteranno uno nuovo? Non vorremmo sentire un giorno: “Ve l’avevamo detto che qui non si poteva fare il bagno”» si chiede Matteo d’Ingeo.

Interrogativi che si accumulano a quelli che ancora attendono risposta. Eppure sono stati presentati esposti, scritte lettere aperte, organizzati convegni.

Ci si può fare il bagno a Torre Gavetone? Si può mangiare il pesce? Domande che mai nessuno, solo pochi anni fa, si sarebbe sognato di porre.

L’origine di tutto secondo alcuni sono quelle migliaia di ordigni bellici adagiati sui fondali dalla fine del secondo conflitto mondiale. Abbiamo imparato a distinguerli a seconda del loro caricamento. Ordinario (semplice esplosivo) o speciale (componenti chimici). Da quando ha avuto inizio la bonifica delle acque del porto, esplosioni in mare o in cava segnano la linea di demarcazione tra le due categorie.

La serata di lunedì in cui il Liberatorio ha fatto il punto di quanto sta accadendo nelle acque di Molfetta ha avuto come ospite lo storico Antonio Leuzzi. Che ha criticato la stampa, rea a suo dire di diffondere allarmismi, preferendo soffermarsi su quanto già scritto sui libri di storia. Certo, non ci sono ancora dati precisi sugli armamenti italiani neanche riguardo la guerra di Etiopia, ma «io il pesce lo mangio!» afferma. Ritenendo infondate le notizie sui danni genetici ai pesci, riprese lo scorso 13 marzo dal Tg2 Dossier.

Leuzzi si sofferma sui giorni del conflitto in Adriatico, il bombardamento di Bari del 2 dicembre 1943, definito la “Pearl Harbour italiana” e l’ancora più dimenticata esplosione della nave americana Charles B. Hendersen del 9 aprile 1945, che causò la morte di 317 civili e 53 militari Usa.

Era così massiccia la presenza di ordigni bellici sulle nostre coste che sorsero due stabilimenti di sconfezionamento, uno in località Torre Gavetone e l’altro alla Prima Cala, nella zona dell’ex Colonia.

In sala ci si chiede se questo possa essere eventualmente collegato alla proliferazione dell’alga tossica, l’Ostreopsis ovata, negli ultimi anni presente in concentrazioni sempre più elevate.
Onofrio Allegretta di Marevivo propone un monitoraggio durante tutto l’anno, offrendo la collaborazione dei suoi sub. Si attende una riposta dell’Arpa.

L’estate intanto è alle porte. Il Gavetone, la spiaggia libera preferita dai molfettesi, si affollerà come sempre di bagnanti e quel cartello sarà sempre lì, almeno fino a questo inverno.

Immagine tratta dal sito http://www.rifiutiebonifica.puglia.it/bonifica/ in cui è illustrata l’attività di sminamento nelle acque di Molfetta.


Un mare pieno di bombe
di Nicolò Aurora
(http://www.laltramolfetta.it/pages/news_zoom.asp?id_news=7271)

Se per assurdo si potesse anche solo per pochi istanti rendere asciutto l’Adriatico , ci renderemmo conto di cosa pullula sotto il pelo dell’acqua e con cosa sono a costante contatto i pesci che finiscono sulle nostre tavole.
Ma Molfetta ed i molfettesi sanno già cosa ci troverebbero: un numero abnorme ed imprecisabile di residui bellici che sono ormai parte integrante dei fondali dei nostri mari fino a divenire addirittura rifugi per molluschi e polpi, con tutte le vicende che ne conseguono.
Su questo tema, ed in particolare su “Memorie di guerra e bonifica infinita” s’è tenuto un incontro lunedì 17 maggio presso la sala B. Finocchiaro nella Fabbrica di S. Domenico, organizzato dal Liberatorio Politico che ha visto la relazione diMatteo d’Ingeo, coordinatore del movimento da sempre molto attivo su questo argomento, e di Vitantonio Leuzzi direttore dell’ I.P.S.A.I.C. (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea).
Quante bombe ci sono allora nel nostro tratto di costa? È possibile uno sminamento efficace?
Ci sono seri rischi per la salute dell’uomo? C’è correlazione tra le bombe all’iprite e l’alga tossica? A queste domande s’è cercato di dare quindi una, seppur iniziale, risposta dopo l’apertura dell’incontro con la proiezione di una puntata della trasmissione di Rai2 “Dossier”, ormai molto nota ai molfettesi, in cui si parlava proprio del caso negativo della nostra città che ha visto alcuni marinai, tra l’altro presenti in sala, riportare gravi lesioni alle mani in seguito ad una consueta battuta di caccia.
Ma la vicenda è ormai nota a tutti.
È stata poi la volta dell’intervento dello storico Leuzzi che ha ricordato le vicende del porto di Bari duramente attaccato dall’aviazione tedesca nel 1946 oltre che la guerra nei vicini Balcani. Vicende però “poco chiare. Riuscire a sapere quante bombe sono state effettivamente scaricate nell’Adriatico è praticamente impossibile”.
Ci sono infatti “molti segreti e dubbi sui documenti ufficiali, e quindi risulta difficile anche per uno storico riuscire a dare una risposta attendibile a certe domande”.
Una risposta di certo non confortevole per chi vede nella presenza dei numerosi ordigni, un serio pericolo per la realizzazione del nuovo porto, considerata la pesante multa di quasi 8 milioni di euro che la cittadinanza dovrà sobbarcarsi a causa dei ritardi nella realizzazione dell’importante infrastruttura a causa proprio della massiccia presenza di bombe nello specchio portuale.
Ed è su questo punto, ma non solo che poi Matteo d’Ingeo ha incentrato il suo intervento per “non parlare poi di Torre Gavetone, unica zona non portuale con una massiccia presenze di bombe” e dove “molti cittadini hanno subito alcuni problemi di salute in seguito all’alga tossica…'casualmente' dopo aver fatto il bagno proprio nei mari di Torre Gavetone dove sappiamo che ci sono appunto molti ordigni”.
Unico politico presente, il consigliere di Rifondazione Comunista Gianni Porta.
Tutti gli altri, per usare le parole di d’Ingeo: “Assenti ingiustificati, a cui però faccio comunque un appello affinchè si faccia chiarezza sulla situazione odierna e si dia una risposta a quei cittadini che con dati alla mano si attivano per la salvaguardia del loro mare”.
Ed intanto l’estate si avvicina e torneremo bagnarci in quelle acque profonde e misteriose.

mercoledì 26 maggio 2010

POLITICA E BUONSENSO

La questione del casello autostradale sta diventando uno strumento di valutazione nei confronti di politici, amministratori e cittadini.

Il casello non è né di destra né di sinistra. Il casello è uno strumento di cui la città si sta dotando per risolvere i problemi ambientali, di viabilità e di collegamento con l’esterno.


Il casello è necessario e la sua collocazione logica è a sud, perché è quella la parte di città penalizzata nei collegamenti extra cittadini e attraversata da flussi di traffico che comportano intasamento, inquinamento e perdita di tempo. E’ chiaro che gli abitanti a ridosso dell’area dove sorgerà il casello saranno a loro volta penalizzati, ma va onestamente messo in primo piano l’interesse comune rispetto a quello individuale. Inoltre non va dimenticato che la decisione relativa al casello non cade improvvisamente sulla testa di quella minoranza di abitanti, ma era previsto che fosse costruito in quella posizione da diverso tempo, molto prima che la maggior parte delle poche abitazioni coinvolte venissero edificate.

Questo è un dato ben noto a certi politici che oggi urlano per conquistare un pugno di voti, ma che all’epoca della prima proposta erano già in consiglio comunale a votare quello stesso regolamento che oggi disconoscono. Sempre per un pugno di voti - e anche per interesse personale diretto -, c’è chi anni fa ha cavalcato la protesta per ottenere una interquartieri a due corsie, costringendo ottusamente una parte della città a subire un traffico rallentato, caotico e per questo altamente inquinante, e il resto della città a un'opera dimezzata nella sue potenzialità di utilizzo. Chi ha scelto questo atteggiamento politico rischia di raccogliere qualche consenso in quella zona ma di perdere definitivamente credibilità.

Invece l’atteggiamento che tutti i pesaresi dovrebbero avere nei confronti di questa decisione è di capire qual è la forma migliore per realizzarla, tenendo conto di tutto ciò che l'operazione comporta.

Sicuramente gli abitanti di Santa Veneranda trarranno beneficio dal nuovo casello, dal momento che l’opera si troverà distante dalle loro abitazioni e comporterà necessariamente una circonvallazione che finalmente toglierà al quartiere il traffico che oggi lo attraversa. Santa Veneranda potrebbe ottenere ancora di più se il casello venisse costruito a monte, collocazione ancora migliore per gli abitanti e per la città, perché ancora più esterna.

Anche gli abitanti di via Belgioso e di via Flaminia trarrebbero vantaggio se il collegamento con il centro passasse nell’area del cosiddetto “cuneo verde”, perché eliminerebbe il terribile traffico che oggi hanno sotto casa. Questa opera, che tra tutte le scelte possibili sarebbe certamente la più lungimirante, si scontra con l’assetto attuale del piano regolatore e avrebbe bisogno di un accordo di tutte le forze per passare, perché non prevista e forse in contrasto con certi appetiti edificatori che la nostra città subisce da sempre.

Infine, tutte le opere accessorie sono necessarie, sia verso Muraglia sia verso via Solferino, ma anche in questo caso il buon senso dovrebbe indicare delle priorità per evitare di fare interventi a “pezzi” scollegati tra loro. Soprattutto si dovrebbe dedicare la massima attenzione alla qualità dei lavori nella realizzazione di barriere anti rumore, rampe, svincoli e rotatorie e garantirla con la costituzione di una commissione di controllo.

Per questo la questione casello sta diventando il vero termometro delle capacità civiche e pragmatiche della nostra città di progettare il proprio futuro. E ancora una volta la parte peggiore la fanno proprio i politici.

lunedì 24 maggio 2010

BUFALE PADANE

Qualcuno si ricorda del ministro Calderoni a Pesaro durante la campagna elettorale per le regionali?

È venuto a dirci che noi marchigiani dovremo scegliere se voler essere il nord della Calabria o il sud della Padania.

Purtroppo invece di una sonora pernacchia qualche voto se l’è portato a casa…..

Del resto Roberto Calderoli è l’uomo dei miracoli e vale la pena di ricordare il più clamoroso: denunciata la presenza di 29.100 leggi inutili, ne ha bruciate in un bel falò ben 375.000!

La commissione parlamentare presieduta da Alessandro Pajno e più volte citata da Calderoli aveva accertato «circa 21.000 atti legislativi, di cui circa 7.000 anteriori al 31 dicembre 1969», come ha fatto lo stesso Calderoli a contarne 375.000? Ma soprattutto come ha fatto a capire che erano “inutili”, perché anche lavorando 12 ore al giorno dal momento in cui si è insediato, avrebbe dovuto analizzarne più di una al minuto: lettura del testo compresa. Wow!

Per non dire delle perplessità sui numeri di partenza, perchè dal 1860, quando è nato il parlamento italiano, ad oggi nei 200 giorni (al massimo) in cui può essere stato aperto ogni anno (periodi di guerra compresi) lavorando fino a 12 ore al giorno (materialmente impossibile!) in questi 150 anni avrebbe prodotto più di 1 legge ogni ora!

Dicono le rappresentanze di base dei vigili del fuoco che quella del ministro è stata «una sceneggiata degna del Ventennio». E c’è chi sottolinea che i roghi di carta, in passato, hanno sempre contraddistinto i tempi foschi.

Beh, le bufale padane sono di gran lunga più consistenti di quelle napoletane!!

Liberix

mercoledì 19 maggio 2010

FRATELI DELLA COSTA

Salvare Molfetta per salvarci la pelle.

Salvare Molfetta per salvare il nostro mare.

La bellissima città di Molfetta ha registrato più di 200 casi di pescatori e bagnanti colpiti da terribili incidenti venendo a contatto con l'acqua del loro mare.

Del nostro mare, perché nell'Adriatico negli anni sono stati scaricati una infinità di ordigni, tremenda eredità dei conflitti bellici che vanno dalla seconda guerra mondiale a quella del Kossovo. Rappresentanti delle popolazioni adriatiche da tempo chiedono l'intervento dello stato e della Nato che ha avuto la sua parte nello sterminio di tutte le forme di vita del nostro mare.

La risposta è sempre la stessa: il silenzio.

Contro questo muro di gomma sta nascendo un movimento civico che presto coinvolgerà tutti i centri della costa.

Un movimento che presenterà il conto a questo governo che si è inventato la protezione civile come strumento per i grandi eventi, i loro grandi eventi quelli che hanno fatto piovere milioni di euro nelle mani di faccendieri, corrotti, alti prelati del vaticano e iene che ridono delle disgrazie altrui.

Se vuoi saperne di più su questa storia vai al post BOMBE VECCHIE, PERICOLI NUOVI del 27.12.'09 e apri questi link:







Liberix

giovedì 13 maggio 2010

IPRITE: VELENI E SILENZI DI STATO

Nel post del 27 dicembre scorso annunciammo la richiesta di Liste Civiche Marche a tutti i sindaci marchigiani, ai presidenti di provincia e al presidente della regione di avere informazioni sulle bombe all'iprite sepolte nei fondali marini antistanti le nostre coste.

L'iniziativa era nata a seguito della pubblicazione del libro VELENI DI STATO di Gianluca Di Feo presentato ad una trasmissione Rai.

Il presidente Spacca e il sindaco Ceriscioli hanno rispettivamente inviato una lettera di richiesta d'informazioni al ministro della difesa La Russa, che si è guardato bene dal rispondere. E' seguita una seconda lettera di sollecito, senza esito.

Ora alcuni parlamentari marchigiani stanno preparando una interrogazione e a settembre terremo a Pesaro, assieme all'IDV, una iniziativa sul tema con la partecipazione dell'autore del libro.

Ma nel contempo abbiamo scoperto un "mondo" legato a questo problema.

Molfetta è la città italiana dove da più tempo si è affrontato il problema, si sono raccolte informazioni, si sono fatte e si stanno facendo iniziative.
Seguendo i link che qui pubblichiamo troverete tantissime informazioni che il movimento LIBERATORIO POLITICO e il sito molfettalive hanno prodotto.

Nel silenzio assordante dei grandi media tante voci locali si alzano, si trovano, si incontrano.

Questa è la forza del web, che i nostri governanti vorrebbero limitare, questa è la forza dei movimenti di base e civici che non mollono e non tacciono.

Liberix

mercoledì 12 maggio 2010

UN VERO SIGNORE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

La scrittrice albanese Elvira Dones ha scritto questa lettera aperta al premier Silvio Berlusconi in merito alla battuta del Cavaliere sulle "belle ragazze albanesi".

In visita a Tirana, durante l'incontro con Berisha, il premier ha attaccato gli scafisti e ha chiesto più vigilanza all'Albania. Poi ha aggiunto: "Faremo eccezioni solo per chi porta belle ragazze".

NATA FEMMINA

Egregio Signor Presidente del Consiglio, le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi". Mentre il premier del mio paese d'origine, Sali Berisha, confermava l'impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un'eccezione". Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia. Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto: rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E' solo allora - tre anni più tardi - che le incisero la sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio. Ai tempi era una bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel "puttana" sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell'uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l'utero. Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo Sole bruciato. Anni più tardi girai un documentario per la tv svizzera: andai in cerca di un'altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E' una storia lunga, Presidente... ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedireiil documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l'avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio. In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo. In questi vent'anni di difficile transizione l'Albania s'è inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e testa alta. L'Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni gratuite. Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci. Questa "battuta" mi sembra sia passata sottotono in questi giorni in cui infuria la polemica Bertolaso, ma si lega profondamente al pensiero e alle azioni di uomini come Berlusconi e company, pensieri e azioni in cui il rispetto per le donne é messo sotto i piedi ogni giorno, azioni che non sono meno criminali di quelli che sfruttano le ragazze albanesi, sono solo camuffate sotto gesti galanti o regali costosi, mi vergogno profondamente e chiedo scusa anch'io a tutte le donne albanesiMerid Elvira Dones

venerdì 7 maggio 2010

CONTRO GLI STRUZZI

Iniziativa di Liste Civiche Marche, per difendere il territorio e per non nascondere la testa sotto la sabbia.

Lungo molte strade della nostra regione sono apparse inquietanti strisce di erba bruciata, traccia inequivocabile dell’uso di diserbanti chimici.

La pratica del diserbo, inutile e dannosa, è erroneamente considerata un'alternativa allo sfalcio e viene adottata nella nostra regione da diverse amministrazioni locali e dall’Anas per il “mantenimento” dei bordi stradali, nonostante una legge regionale faccia espresso divieto di uso di fitofarmaci in ambito urbano (L.R. n. 25 del 1988).

Questo ha scatenato la reazione e la protesta da parte di cittadini, liste civiche, associazioni ambientaliste, comitati, rappresentanti di categoria, produttori del biologico come Gino Girolomoni ed esperti come il Prof. Fabio Taffetani, Ordinario di Botanica sistematica dell’Università Politecnica delle Marche.

Liste Civiche Marche si impegna a portare avanti l’iniziativa politica contro l'impiego indiscriminato di diserbanti chimici, sia all’interno della maggioranza regionale alla quale partecipa, sia nei comuni e nelle province in cui operano le liste civiche aderenti al coordinamento regionale. L'uso smodato di veleni, infatti, mette a serio rischio la salute degli operatori e della popolazione, espone le scarpate sottoposte al diserbo a frane e smottamenti e pertanto fa aumentare il rischio di incidenti stradali, riduce drasticamente la biodiversità vegetale ed animale e la capacità di autoregolazione dei numerosi habitat seminaturali che garantiscono l’aspetto e la funzionalità delle scarpate stradali, riduce l’assorbimento dell’anidride carbonica e l’assimilazione delle sostanze azotate da parte della copertura vegetale eliminata, e inoltre costringe all’uso continuo e sempre più massiccio dei prodotti chimici.

Proprio questa “dipendenza” e il conseguente interesse economico delle industrie chimiche che producono il diserbante sono i motivi più plausibili di un tale utilizzo. Il principio attivo più usato è il Glyphosate, prodotto dalla multinazionale Monsanto e importato in Italia da GEI (Gestione Erbe Infestanti srl), sostanza riconosciuta come nociva da diversi studi.

Tutto ciò considerato, Liste Civiche Marche chiede al Presidente Spacca e all’Assessore Donati se non ritengano che la Regione debba effettuare controlli più rigorosi sull’operato delle amministrazioni locali e sul rispetto della legge regionale in materia; e chiede inoltre se non sia il caso di rivedere la legge stessa, in funzione di regole più restrittive sul modello adottato da altre regioni, tra cui la Toscana, per la tutela del proprio ambiente.

Le liste civiche aderenti a Liste Civiche Marche presenteranno, come già stanno già facendo in diversi comuni, interrogazioni a livello locale per conoscere le schede tecniche dei prodotti utilizzati, le modalità d’uso, le certificazioni ad essi relative e i costi di utilizzo.

Liste Civiche Marche