Il Liberatorio Politico proprio non riesce a staccare gli occhi dal cartello arrugginito e roso dalla salsedine di Torre Gavetone. “Pericolo - Divieto di balneazione – Presenza di ordigni inesplosi” c’è scritto, e in basso a destra è citata un’ordinanza della capitaneria di porto.
Più passa il tempo, più la ruggine fa il suo lavoro e più il cartello diviene illeggibile. «Un giorno prima o poi cadrà e allora che faranno le autorità? Ne metteranno uno nuovo? Non vorremmo sentire un giorno: “Ve l’avevamo detto che qui non si poteva fare il bagno”» si chiede Matteo d’Ingeo.
Interrogativi che si accumulano a quelli che ancora attendono risposta. Eppure sono stati presentati esposti, scritte lettere aperte, organizzati convegni.
Ci si può fare il bagno a Torre Gavetone? Si può mangiare il pesce? Domande che mai nessuno, solo pochi anni fa, si sarebbe sognato di porre.
L’origine di tutto secondo alcuni sono quelle migliaia di ordigni bellici adagiati sui fondali dalla fine del secondo conflitto mondiale. Abbiamo imparato a distinguerli a seconda del loro caricamento. Ordinario (semplice esplosivo) o speciale (componenti chimici). Da quando ha avuto inizio la bonifica delle acque del porto, esplosioni in mare o in cava segnano la linea di demarcazione tra le due categorie.
La serata di lunedì in cui il Liberatorio ha fatto il punto di quanto sta accadendo nelle acque di Molfetta ha avuto come ospite lo storico Antonio Leuzzi. Che ha criticato la stampa, rea a suo dire di diffondere allarmismi, preferendo soffermarsi su quanto già scritto sui libri di storia. Certo, non ci sono ancora dati precisi sugli armamenti italiani neanche riguardo la guerra di Etiopia, ma «io il pesce lo mangio!» afferma. Ritenendo infondate le notizie sui danni genetici ai pesci, riprese lo scorso 13 marzo dal Tg2 Dossier.
Leuzzi si sofferma sui giorni del conflitto in Adriatico, il bombardamento di Bari del 2 dicembre 1943, definito la “Pearl Harbour italiana” e l’ancora più dimenticata esplosione della nave americana Charles B. Hendersen del 9 aprile 1945, che causò la morte di 317 civili e 53 militari Usa.
Era così massiccia la presenza di ordigni bellici sulle nostre coste che sorsero due stabilimenti di sconfezionamento, uno in località Torre Gavetone e l’altro alla Prima Cala, nella zona dell’ex Colonia.
In sala ci si chiede se questo possa essere eventualmente collegato alla proliferazione dell’alga tossica, l’Ostreopsis ovata, negli ultimi anni presente in concentrazioni sempre più elevate.
Onofrio Allegretta di Marevivo propone un monitoraggio durante tutto l’anno, offrendo la collaborazione dei suoi sub. Si attende una riposta dell’Arpa.
L’estate intanto è alle porte. Il Gavetone, la spiaggia libera preferita dai molfettesi, si affollerà come sempre di bagnanti e quel cartello sarà sempre lì, almeno fino a questo inverno.
Immagine tratta dal sito http://www.rifiutiebonifica.puglia.it/bonifica/ in cui è illustrata l’attività di sminamento nelle acque di Molfetta.
Un mare pieno di bombe
di Nicolò Aurora
(http://www.laltramolfetta.it/pages/news_zoom.asp?id_news=7271)
Se per assurdo si potesse anche solo per pochi istanti rendere asciutto l’Adriatico , ci renderemmo conto di cosa pullula sotto il pelo dell’acqua e con cosa sono a costante contatto i pesci che finiscono sulle nostre tavole.
Ma Molfetta ed i molfettesi sanno già cosa ci troverebbero: un numero abnorme ed imprecisabile di residui bellici che sono ormai parte integrante dei fondali dei nostri mari fino a divenire addirittura rifugi per molluschi e polpi, con tutte le vicende che ne conseguono.
Su questo tema, ed in particolare su “Memorie di guerra e bonifica infinita” s’è tenuto un incontro lunedì 17 maggio presso la sala B. Finocchiaro nella Fabbrica di S. Domenico, organizzato dal Liberatorio Politico che ha visto la relazione diMatteo d’Ingeo, coordinatore del movimento da sempre molto attivo su questo argomento, e di Vitantonio Leuzzi direttore dell’ I.P.S.A.I.C. (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea).
Quante bombe ci sono allora nel nostro tratto di costa? È possibile uno sminamento efficace?
Ci sono seri rischi per la salute dell’uomo? C’è correlazione tra le bombe all’iprite e l’alga tossica? A queste domande s’è cercato di dare quindi una, seppur iniziale, risposta dopo l’apertura dell’incontro con la proiezione di una puntata della trasmissione di Rai2 “Dossier”, ormai molto nota ai molfettesi, in cui si parlava proprio del caso negativo della nostra città che ha visto alcuni marinai, tra l’altro presenti in sala, riportare gravi lesioni alle mani in seguito ad una consueta battuta di caccia.
Ma la vicenda è ormai nota a tutti.
È stata poi la volta dell’intervento dello storico Leuzzi che ha ricordato le vicende del porto di Bari duramente attaccato dall’aviazione tedesca nel 1946 oltre che la guerra nei vicini Balcani. Vicende però “poco chiare. Riuscire a sapere quante bombe sono state effettivamente scaricate nell’Adriatico è praticamente impossibile”.
Ci sono infatti “molti segreti e dubbi sui documenti ufficiali, e quindi risulta difficile anche per uno storico riuscire a dare una risposta attendibile a certe domande”.
Una risposta di certo non confortevole per chi vede nella presenza dei numerosi ordigni, un serio pericolo per la realizzazione del nuovo porto, considerata la pesante multa di quasi 8 milioni di euro che la cittadinanza dovrà sobbarcarsi a causa dei ritardi nella realizzazione dell’importante infrastruttura a causa proprio della massiccia presenza di bombe nello specchio portuale.
Ed è su questo punto, ma non solo che poi Matteo d’Ingeo ha incentrato il suo intervento per “non parlare poi di Torre Gavetone, unica zona non portuale con una massiccia presenze di bombe” e dove “molti cittadini hanno subito alcuni problemi di salute in seguito all’alga tossica…'casualmente' dopo aver fatto il bagno proprio nei mari di Torre Gavetone dove sappiamo che ci sono appunto molti ordigni”.
Unico politico presente, il consigliere di Rifondazione Comunista Gianni Porta.
Tutti gli altri, per usare le parole di d’Ingeo: “Assenti ingiustificati, a cui però faccio comunque un appello affinchè si faccia chiarezza sulla situazione odierna e si dia una risposta a quei cittadini che con dati alla mano si attivano per la salvaguardia del loro mare”.
Ed intanto l’estate si avvicina e torneremo bagnarci in quelle acque profonde e misteriose.
Più passa il tempo, più la ruggine fa il suo lavoro e più il cartello diviene illeggibile. «Un giorno prima o poi cadrà e allora che faranno le autorità? Ne metteranno uno nuovo? Non vorremmo sentire un giorno: “Ve l’avevamo detto che qui non si poteva fare il bagno”» si chiede Matteo d’Ingeo.
Interrogativi che si accumulano a quelli che ancora attendono risposta. Eppure sono stati presentati esposti, scritte lettere aperte, organizzati convegni.
Ci si può fare il bagno a Torre Gavetone? Si può mangiare il pesce? Domande che mai nessuno, solo pochi anni fa, si sarebbe sognato di porre.
L’origine di tutto secondo alcuni sono quelle migliaia di ordigni bellici adagiati sui fondali dalla fine del secondo conflitto mondiale. Abbiamo imparato a distinguerli a seconda del loro caricamento. Ordinario (semplice esplosivo) o speciale (componenti chimici). Da quando ha avuto inizio la bonifica delle acque del porto, esplosioni in mare o in cava segnano la linea di demarcazione tra le due categorie.
La serata di lunedì in cui il Liberatorio ha fatto il punto di quanto sta accadendo nelle acque di Molfetta ha avuto come ospite lo storico Antonio Leuzzi. Che ha criticato la stampa, rea a suo dire di diffondere allarmismi, preferendo soffermarsi su quanto già scritto sui libri di storia. Certo, non ci sono ancora dati precisi sugli armamenti italiani neanche riguardo la guerra di Etiopia, ma «io il pesce lo mangio!» afferma. Ritenendo infondate le notizie sui danni genetici ai pesci, riprese lo scorso 13 marzo dal Tg2 Dossier.
Leuzzi si sofferma sui giorni del conflitto in Adriatico, il bombardamento di Bari del 2 dicembre 1943, definito la “Pearl Harbour italiana” e l’ancora più dimenticata esplosione della nave americana Charles B. Hendersen del 9 aprile 1945, che causò la morte di 317 civili e 53 militari Usa.
Era così massiccia la presenza di ordigni bellici sulle nostre coste che sorsero due stabilimenti di sconfezionamento, uno in località Torre Gavetone e l’altro alla Prima Cala, nella zona dell’ex Colonia.
In sala ci si chiede se questo possa essere eventualmente collegato alla proliferazione dell’alga tossica, l’Ostreopsis ovata, negli ultimi anni presente in concentrazioni sempre più elevate.
Onofrio Allegretta di Marevivo propone un monitoraggio durante tutto l’anno, offrendo la collaborazione dei suoi sub. Si attende una riposta dell’Arpa.
L’estate intanto è alle porte. Il Gavetone, la spiaggia libera preferita dai molfettesi, si affollerà come sempre di bagnanti e quel cartello sarà sempre lì, almeno fino a questo inverno.
Immagine tratta dal sito http://www.rifiutiebonifica.puglia.it/bonifica/ in cui è illustrata l’attività di sminamento nelle acque di Molfetta.
Un mare pieno di bombe
di Nicolò Aurora
(http://www.laltramolfetta.it/pages/news_zoom.asp?id_news=7271)
Se per assurdo si potesse anche solo per pochi istanti rendere asciutto l’Adriatico , ci renderemmo conto di cosa pullula sotto il pelo dell’acqua e con cosa sono a costante contatto i pesci che finiscono sulle nostre tavole.
Ma Molfetta ed i molfettesi sanno già cosa ci troverebbero: un numero abnorme ed imprecisabile di residui bellici che sono ormai parte integrante dei fondali dei nostri mari fino a divenire addirittura rifugi per molluschi e polpi, con tutte le vicende che ne conseguono.
Su questo tema, ed in particolare su “Memorie di guerra e bonifica infinita” s’è tenuto un incontro lunedì 17 maggio presso la sala B. Finocchiaro nella Fabbrica di S. Domenico, organizzato dal Liberatorio Politico che ha visto la relazione diMatteo d’Ingeo, coordinatore del movimento da sempre molto attivo su questo argomento, e di Vitantonio Leuzzi direttore dell’ I.P.S.A.I.C. (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea).
Quante bombe ci sono allora nel nostro tratto di costa? È possibile uno sminamento efficace?
Ci sono seri rischi per la salute dell’uomo? C’è correlazione tra le bombe all’iprite e l’alga tossica? A queste domande s’è cercato di dare quindi una, seppur iniziale, risposta dopo l’apertura dell’incontro con la proiezione di una puntata della trasmissione di Rai2 “Dossier”, ormai molto nota ai molfettesi, in cui si parlava proprio del caso negativo della nostra città che ha visto alcuni marinai, tra l’altro presenti in sala, riportare gravi lesioni alle mani in seguito ad una consueta battuta di caccia.
Ma la vicenda è ormai nota a tutti.
È stata poi la volta dell’intervento dello storico Leuzzi che ha ricordato le vicende del porto di Bari duramente attaccato dall’aviazione tedesca nel 1946 oltre che la guerra nei vicini Balcani. Vicende però “poco chiare. Riuscire a sapere quante bombe sono state effettivamente scaricate nell’Adriatico è praticamente impossibile”.
Ci sono infatti “molti segreti e dubbi sui documenti ufficiali, e quindi risulta difficile anche per uno storico riuscire a dare una risposta attendibile a certe domande”.
Una risposta di certo non confortevole per chi vede nella presenza dei numerosi ordigni, un serio pericolo per la realizzazione del nuovo porto, considerata la pesante multa di quasi 8 milioni di euro che la cittadinanza dovrà sobbarcarsi a causa dei ritardi nella realizzazione dell’importante infrastruttura a causa proprio della massiccia presenza di bombe nello specchio portuale.
Ed è su questo punto, ma non solo che poi Matteo d’Ingeo ha incentrato il suo intervento per “non parlare poi di Torre Gavetone, unica zona non portuale con una massiccia presenze di bombe” e dove “molti cittadini hanno subito alcuni problemi di salute in seguito all’alga tossica…'casualmente' dopo aver fatto il bagno proprio nei mari di Torre Gavetone dove sappiamo che ci sono appunto molti ordigni”.
Unico politico presente, il consigliere di Rifondazione Comunista Gianni Porta.
Tutti gli altri, per usare le parole di d’Ingeo: “Assenti ingiustificati, a cui però faccio comunque un appello affinchè si faccia chiarezza sulla situazione odierna e si dia una risposta a quei cittadini che con dati alla mano si attivano per la salvaguardia del loro mare”.
Ed intanto l’estate si avvicina e torneremo bagnarci in quelle acque profonde e misteriose.
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